Tremila coperti e oltre quaranta menu, Masterchef scansati. In visita alla cucina dell’ospedale di Bolzano

Un aitante cuoco che mescola la pasta in un enorme pentolone con un cucchiaio a misura d’uomo, questa può essere considerata l’immagine simbolo del viaggio di Alto Adige Innovazione dentro l’ospedale di Bolzano.  Proviene dall’interno di quella che, con buone probabilità, è la più grande cucina dell’Alto Adige per numero di pasti serviti. Non esiste una graduatoria precisa, ma, solo per fare un esempio, la cucina dell’ospedale di Bolzano si trova a servire circa il doppio dei “coperti” di quello che è considerato il più grande ristorante italiano che, però, non deve preoccuparsi di gestire gli oltre quaranta menu differenziati che provengono dal servizio dietetica e nutrizione clinica.
I numeri complessivi ce li fornisce Daniela Qualtieri, direttrice dell’Ufficio servizi alberghieri e controllo servizi in appalto del comprensorio sanitario di Bolzano: “La cucina produce quasi 3000 pasti al giorno per dipendenti e pazienti. Per quel che riguarda questi ultimi, i pasti sono suddivisi in tre pasti al giorno tra circa 43 diete particolari a seconda delle esigenze: per diabetici, senza lattosio, per celiaci, con la carne tagliata o frullata etc”.
Come si diceva, la cucina è il luogo emblematico del doppio filo, intrecciatissimo, su cui operano gli ospedali. Mentre si cerca di dedicare la massima attenzione possibile ai pazienti, occorre mandare avanti la complessa struttura necessaria a farlo. Quindi, mentre si preparano circa 43 menu differenti a seconda delle patologie dei pazienti, vanno cucinati circa mille pasti al giorno per il personale. Tutti insieme, tutti i giorni. “Non va dimenticato che l’ospedale opera h24 – precisa Francesco Gullotti direttore dell’Ufficio Logistica – . A questo si aggiunga la complessa gestione della mole di materie prime necessarie alla preparazione dei pasti”.
In dettaglio, la cucina prepara per i dipendenti solo il pranzo che viene consumano in apposita mensa, ai pazienti, invece, viene servita anche la colazione e la cena. La complessità non riguarda solo la preparazione e la gestione delle materie prime. “L’ospedale di Bolzano non utilizza stoviglie a perdere – precisa Qualtieri –  vengono tutte lavate e disinfettate prima di essere riutilizzate, così come i vassoi e i carrelli utilizzati per trasportare i pasti. Segue un momento di pausa in cui mi immagino il numero di piatti da lavare e soprattutto le dimensioni della lavastoviglie. Meglio chiedere: “Ma quante stoviglie vengono lavate ogni giorno?”.
“Il conto preciso non lo abbiamo mai fatto – ammette Qualtieri –  ma sul vassoio vengono serviti i piatti per il primo e per il secondo, le ciotole per contorni e dessert, i bicchieri, le tazze e i piatti per la colazione, le stoviglie per la cena e le posate”. Facendo un calcolo approssimativo raggiungono facilmente le diecimila stoviglie da lavare ogni giorno. I giornalisti posseggono una mente semplice, la domanda che segue è la più ovvia: “Non è che possiamo fare un giro in cucina?”

Il capocuoco Hermann Hofer

Dentro la cucina dell’Ospedale di Bolzano

A pochi giorni di distanza Qualtieri e Gullotti  mi accompagnano in cucina. All’ingresso mi vengono consegnati cuffia, grembiule e sovrascarpe monouso. Purtroppo, uno specchio rilancia l’immagine dell’”inviato speciale”, ci fosse una cosa indossata nel modo giusto…
Poco male, il desiderio di vedere la più grande lavastoviglie mai vista è troppo forte e supera ogni sensazione di disagio. Ad accoglierci c’è il capocuoco Hermann Hofer, che si appresta a mostrarci strumenti e modalità per la consegna precisa e controllata di migliaia di pasti. Io però, sono ormai ossessionato e cerco di individuare la lavastoviglie. Non la trovo, me la indicano, una delusione. Vedo solo un lungo tunnel in cui vengono inserite tutte le stoviglie che sbucano chissà dove dopo essere state lavate, sciacquate e disinfettate.


Tocca rassegnarsi. Inoltre, mancano circa quindici minuti alle 11, orario dell’avvio del nastro su cui verranno preparati i vassoi destinati ai pazienti dei vari reparti, è meglio non perdere tempo.
La “visita guidata” del capocuoco Hofer parte dalla grande caffettiera e dall’area in cui si preparano le colazioni. “Per le colazioni – premette – il turno di lavoro inizia alle 4.45 di mattina. La colazione è  riservata ai degenti, come la cena. Il pranzo invece è per tutti”.
Subito dopo ci soffermiamo davanti alla macchina che prepara i canederli che fornisce a Hofer l’occasione per esternare un sacrosanto orgoglio: “Canederli, lasagne, ravioli e gnocchi, tutta la pasta fresca la prepariamo qui, non la compriamo fuori. Un giorno alla settimana serviamo anche un menu esclusivamente vegano”.
Sulla qualità del cibo si tornerà in conclusione, nel frattempo, non posso non notare uno dei cuochi nell’atto di mescolare la pasta grazie a un enorme cucchiaio di legno impugnato a due mani. Non posso scattare la foto per motivi di privacy, per cui devo accontentarmi del cucchiaio, immortalato a  fianco del pentolone della pasta che, a dire il vero, assomiglia terribilmente a una lavatrice.

Hofer passa poi a mostrarci i menu per il pranzo appesi alle pareti. Ai pazienti sta per essere preparato un risotto alle zucchine. Si prevede una versione standard, una con riso integrale, una senza sale, una senza parmigiano, una con riso integrale e senza grassi e una per celiaci. Lo stesso discorso vale per quasi tutti gli altri piatti e a fianco di ogni piatto sono indicati in maniera precisa anche gli ingredienti. Tutto deve essere attentamente controllato. 
Per spiegarmi come si riesce a gestire il complesso processo di preparazione, Hofer ci porta nel suo ufficio. Il tavolo è coperto da una mole di fogli in cui sono indicati i vari menu. Tutto è suddiviso per colori in un mix di verifiche cartacee e controllo digitale tramite codici a barre, Hofer lo spiega con estrema chiarezza, potrei dire che spiegarlo in un articolo risulterebbe noioso, ma la verità è che ci ho capito davvero poco, troppo complicato. Per fortuna sta per partire il nastro, riesco a mimetizzare la mia confusione e ci avviciniamo all’area in cui vengono preparati i vari vassoi che verranno poi caricati sui carrelli e distribuiti nei reparti. È la classica catena di montaggio, ai due lati del nastro i dipendenti selezionano il cibo da mettere nei piatti e lo caricano sul vassoio. Il controllo viene fatto prima, durante e dopo per evitare errori.  Mentre si preparano i vassoi, tutto intorno si procede alle pulizie, in totale ogni giorno, circa 80-100 persone lavorano in cucina per la preparazione dei pasti e la pulizia della cucina.  Successivamente, procediamo lungo il nastro fino ad arrivare al carrello per osservare come viene eseguito l’ultimo controllo prima che il tutto venga introdotto all’interno di una sorta di ascensore per essere distribuito ai reparti.

È terminata la visita, prima di salutarci, Qualtieri e Gullotti ci tengono a precisare che i pasti della mensa sono davvero buoni, a quanto pare soprattutto i canederli. Hofer non nasconde  la propria soddisfazione, ma sa benissimo che molti pazienti la pensano diversamente. A loro, più frequentemente, viene servito il classico “menu da ospedale”, piatti che, notoriamente, non mirano a soddisfare il palato dei pazienti, ma a tenerli in vita il più possibile.

Massimiliano Boschi

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