My Generation: la voce di Alan Perathoner
Com’è essere giovani a Bolzano oggi? Quali sono le dicotomie della “Generazione Z” e quali le loro visioni per il futuro? Ne abbiamo parlato con Alan Perathoner, un giovane altoatesino di 19 anni, studente di psicologia a Padova.
Come mai hai scelto questa strada?
Inizialmente avevo scelto psicologia poiché c’era un corso specifico sulla psicologia del lavoro e del e mi interessava andare a studiare queste cose, in realtà poi ho avuto modo di avvicinarmi alla psicologia dello sviluppo e dato che lavorare con i bambini mi è sempre piaciuto forse potrei cambiare direzione, prendere questa nuova via. In realtà avrei voluto andare a Bologna ma lì purtroppo l’indirizzo che mi interessava non c’era, volevo una città ancora più grande, ancora più viva, ho sempre avuta la necessità di uscire e di vedere come è il mondo fuori da Bolzano e dall’Alto Adige.
Però c’è stato un momento in cui Bolzano ti sembrava una “grande città”
Esatto, trasferendomi da un paesello piccolo all’inizio Bolzano all’inizio era per me grande e caotica poi con il tempo questa idea si è po’ ristretta. Ora Bolzano mi sembra una città molto piccola, chiusa in se stessa.
In che senso “chiusa”?
Quello che succede a Bolzano lo sanno tutti. C’è questa dinamica di paese in cui tutti vengono a sapere tutto, tutti hanno un giudizio su qualcosa e questa cosa la percepisci molto. Quando sei giovane hai più bisogno di libertà da questo punto di vista, hai bisogno di conoscere cose e persone nuove e a Bolzano diventa un po’ difficile anche perché non ci sono tanti punti di incontro per i giovani. Io l’ho sempre vista come una città che va bene quando sei piccolo, infanzia, prima adolescenza, ma arriva poi un’età in cui hai bisogno dei tuoi spazi e di essere un po’ più indipendente, avverti la necessità di fare nuove esperienze. A Bolzano questa cosa è limitata. Poi magari in un futuro la ritrovi perché oggettivamente è una bella città. Non so, c’è un intervallo, che potrei dirti dai 17 ai 30/35 anni che cerchi altro, cerchi qualcosa fuori Bolzano.
Quindi non è una città a misura di giovane?
A Bolzano le richieste dei ragazzi sono sempre al secondo posto, è come se si cercasse di accontentare sempre gli altri. Anche il fatto che abbiano chiuso Piazza delle Erbe, l’unico punto di ritrovo rimasto a Bolzano, perché alle 22 non si possono sentire rumori, è un po’ come dire “chissene frega di quello di cui hanno bisogno i ragazzi”. C’è sempre questa idea che i ragazzi per divertirsi debbano fare casino ma non è così, bisogna lavorare per trovare un altro spazio di aggregazione per i ragazzi. Non è che si può chiudere e non pensarci più.
Per tanti giovani lo sport è uno spazio di espressione e di relazione, per te è stato così?
Io da piccolo piccolo giocavo a pallavolo, avevo iniziato a giocare solo perché mia mamma insisteva sul farmi fare uno sport ma poi per un po’ mi sono appassionato. Poi ho scoperto il rugby che mi ha affascinato moltissimo, ci ho giocato dalla terza media fino all’anno scorso. Dietro al rugby ci sono un sacco di valori e ho capito che uno sport oltre ad essere uno sport può essere un ambiente in cui imparare altre cose. Oltre ad essere uno sport di squadra diventava una maniera anche per sfogarsi la domenica. E’ stata una grande valvola di sfogo che mi aiutava poi a rimanere tranquillo durante la settimana.
E la squadra per te era una comunità?
Sì, devo dire di sì, nel rugby non puoi arrivare da solo all’obiettivo. Con la tua squadra affronti le fatiche e le sfide insieme ai tuoi compagni e inoltre il rugby ti insegna il rispetto per l’avversario. La squadra ti porta alla meta, difficilmente da solo riesci a fare punti e questo l’ho imparato ad applicare anche fuori dallo sport.
E cosa ti piace fare oltre allo studio e allo sport?
Sono in una fase di sperimentazione, adesso che ho finito le superiori e sono arrivato in questo nuovo ambiente universitario sono arrivato in un momento un po’ di crisi in cui ho dovuto riscoprire me stesso. Se fino all’anno scorso ero un ragazzo che doveva finire il liceo, che usciva con gli amici e faceva le cose da ragazzo, adesso sono più lasciato a me stesso e mettermi in gioco per capire in generale la strada che voglio prendere.
Come racconteresti la tua generazione?I
n realtà questa divisione per età mi è sempre sembrata forzante però penso che quello che ci caratterizza come giovani è il fatto di avere una mentalità più aperta alle nuove possibilità. Non abbiamo degli schemi che ci impongono di pensare in una determinata maniera, non abbiamo delle esperienze che ci dicono che il mondo deve andare così e questo ci permette di stravolgere un po’ la normalità.
A proposito di uscire dagli schemi e “stravolgere la normalità” pensi che le nuove generazioni possano superare le tante dicotomie e divisioni che spesso si trovano Bolzano?
Rispetto alle generazioni precedenti noi giovani forse abbiamo più un’abitudine alla mescolanza perché comunque ci siamo nati e cresciuti, mentre le generazioni passate vivevano con categorie più fisse. Un tempo la popolazione che veniva da fuori era minore quindi si viveva di più la divisione italiani/tedeschi, poi sono arrivare tante persone dall’Italia e dall’estero e adesso noi non percepiamo più questa divisione ma neanche la divisione tra maschio o femmina, tra gente che abita in quel quartiere o nell’altro quartiere, se sei figlio di un avvocato o di un operaio, sono barriere che per noi non hanno uno scopo. Conti tu come persona, oltre le categorie.
E il futuro come lo vedi, ci pensi mai?
Siamo una generazione a cui il futuro non viene mai spiegato. Per un motivo o per l’altro abbiamo le ore contate, che sia per il surriscaldamento globale che sia per la pandemia, per la guerra in Ucraina o per una guerra da altra parte …. forse fa un po’ paura o forse a volte diventa inutile parlare del futuro perché quando non si è certi di averne uno si vive molto meglio nel presente. A volte mi sento rassegnato al fatto che queste sono le condizioni nelle quali devo vivere ma detto ciò io non posso stare qui a piangere me stesso e devo fare qualcosa nella vita, penso singolarmente di poter fare il mio.
Intervista a cura di Young Inside
Questo articolo fa parte dello speciale My Generation: un progetto che dà voce alle nuove generazioni attraverso strumenti creativi. Il progetto – promosso dalla cooperativa Young Inside con il sostegno dell’Ufficio Politiche Giovanili della Provincia Autonoma di Bolzano e un contributo del Comune di Bolzano– oltre alle interviste pubblicate in questo speciale, esporrà opere di poster art che permetteranno di potenziare le parole e le narrazioni dei ragazzi e delle ragazze coinvolgendo tutta la città di Bolzano.