Olimpiadi 2026, verso il tris Cortina-Milano-Torino. Alto Adige a rischio
Il progetto di Olimpiadi 2026 “dolomitiche” fa un passo indietro. È una candidatura “italiana” l’ultima formula escogitata dal presidente del Coni Giovanni Malagò e dalla commissione tecnica di valutazione guidata da Carlo Mornati.
Cioè una candidatura unitaria che tenga insieme Cortina d’Ampezzo, Milano e Torino. Malagò, nella serata del 31 luglio al termine dell’ennesima giornata di incontri e sondaggi, parla della «possibilità di una candidatura congiunta con le tre città per far sì che ci sia una vera candidatura del paese, una candidatura italiana. Una novità assoluta nella storia del processo delle candidature». Novità assoluta che, assicura il presidente Coni, ha già l’avvallo del Cio, l’organismo internazionale che organizza le Olimpiadi invernali, e che è in attesa di una candidatura ufficiale dell’Italia.
Ma quale spazio resterebbe all’Alto Adige se impianti, eventi, discese e conferenze stampa dovessero spartirsi fra la località delle dolomiti venete, la metropoli lombarda e la città piemontese che già ospitò i Giochi nel 2006?
La domanda non è banale perché la logica della candidatura di “Cortina e Dolomiti” prevedeva già una distribuzione delle attività lungo un’ampia fascia montana a cavallo del Veneto e delle due province autonome. Ora, nell’ipotesi che sta prendendo piede di allargare questo decentramento anche all’arco alpino centrale e occidentale, è evidente che, restando il punto fermo di Cortina, è forte il rischio che gli impianti previsti nelle valli circostanti siano sacrificati per quelli lombardi e piemontesi.
Il presidente del Veneto Luca Zaia da parte sua si dice allineato con Malagò: «Siamo in linea con la proposta di candidatura unitaria avanzata dal Coni e dal Presidente Malagò. Chiediamo di fare presto e che ci siano precise garanzie per tutti coloro che vogliono essere della partita. Occorre pieno sostegno e unitarietà sul piano organizzativo, ma anche da parte di tutte le aree interessate. La candidatura unitaria deve esserlo anche per quanto riguarda il consenso dei territori».