Oliviero Toscani a Bolzano nel 2012: "Il magnifico fallimento sono io" (video)

Cultura. Oliviero Toscani se ne è andato ucciso da una terribile malattia, l’amiloidosi. Fino all’ultimo ha mantenuto la sua voglia di stupire e “liberare”, non solo dai pregiudizi, chi lo ascoltava o chi osservava le sue opere. Nel novembre del 2012, ospite di Unibz (ai tempi Libera Università di Bolzano) su invito di  Giorgio Camuffo, fu il protagonista di un evento intitolato “Il magnifico fallimento”.
Il titolo non era dedicato a Toscani in particolare, ma uno dei più noti e celebrati fotografi italiani, chiarì subito il contesto.  “Il magnifico fallimento sono io. Perché non sono riuscito ad ottenere quello che volevo, ma meglio un magnifico fallimento che un discreto od un buon successo. Fatte le debite proporzioni, anche quelli di Che Guevara e Gesù Cristo sono stati magnifici fallimenti, perché non hanno ottenuto quello per cui hanno speso la propria vita. Ma meglio mirare a obiettivi irraggiungibili e accontentarsi”.
Poi si lanciò in una sua classica invettiva, questa volta contro il sapere e la ricchezza: “Le possibilità economiche e l’evoluzione tecnologica hanno creato migliaia di piccoli ragionieri, invece la fantasia è più importante del sapere, principalmente perché non ha limiti. Oggi serve immaginazione, senso della sorpresa ed emozione, invece tutti cercano il consenso. Ci si conforma a tutto, finendo per far dipendere le nostre vite dai manager bocconiani come il premier Monti, uno che mi ricorda i maggiordomi”.
Toscani non amava le cattedre, ma prima di salutare gli studenti, si lasciò sfuggire un unico insegnamento “L’immaginazione delle nuove generazioni è troppo ristretta e quando non è circoscritta da uno specchietto retrovisore è limitata dal monitor di un computer. Milioni di ragazzi si rincretinisco sui social network, dove non c’è vita, non si fa esperienza. Lo scopo è diventare famosi ed ottenere successo economico e personale, non c’è passione per quello che si fa. Fabrizio Corona, per esempio, è il simbolo di tutto questo. Le nuove generazioni sembrano preferire i comodi recinti mentre dovrebbero trovare il gusto di superare i limiti e di provocare, innanzitutto, se stessi, per apprezzare  il senso della sovversione. Invece restano in attesa davanti al monitor di un computer come i pastorelli davanti alla Madonna di Lourdes”.  (ma.bo).

Di seguito un estratto di quell’incontro del  9 novembre 2012 a Bolzano:

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