PPP. Profeta Corsaro: il testo e la regia. Intervista a Leo Muscato
“Per quel che mi riguarda personalmente, questa Italietta è stata un paese di gendarmi che mi ha arrestato, processato, perseguitato, tormentato, linciato per quasi due decenni. Questo un giovane può non saperlo. Ma tu no. Può darsi che io abbia avuto quel minimo di dignità che mi ha permesso di nascondere l’angoscia di chi per anni e anni si attendeva ogni giorno l’arrivo di una citazione del tribunale e aveva terrore di guardare nelle edicole per non leggere nei giornali atroci notizie scandalose sulla sua persona. Ma se tutto questo posso dimenticarlo io, non devi però dimenticarlo tu… “ (Lettera aperta scritta da Pier Paolo Pasolini a Italo Calvino e pubblicata da “Paese Sera” l’8 luglio 1974).
Si potrebbe dire che “PPP. Profeta Corsaro”, lo spettacolo che andrà in scena da giovedì 20 ottobre al Teatro Comunale di Bolzano, partirà da questo: dalla solitudine profonda del poeta, scrittore e regista di Casarsa e dall’”urlo” che ne conseguirà.
Il testo si concentrerà, infatti, sugli scritti degli ultimi due anni di vita di Pasolini, selezionati da Laura Perini e dal regista Leo Muscato. A quest’ultimo abbiamo chiesto di presentarci lo spettacolo che sarà accompagnato dalle musiche dal vivo dell’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento.
Come si rendono “teatrali”, gli articoli di Pier Paolo Pasolini raccolti negli “Scritti corsari” e nelle “Lettere Luterane”?
Con grande cautela. Abbiamo svolto un enorme lavoro di selezione e sintesi. Vengono trattati argomenti e linguaggi che richiedono uno sforzo di attenzione notevolissimo, per questo occorre alleggerire alcuni passaggi grazie alla musica che non solo accompagnerà i testi, ma faciliterà il passaggio da un intervento all’altro. Ad aiutarci saranno anche le letture di poesie e sceneggiature che evidenziano quanto anche queste ultime fossero poetiche.
Tutti gli attori “interpreteranno” Pasolini, non deve essere facile nemmeno per loro…
Sì, occorre fare un lavoro molto importante sulla parole dando poco spazio all’interpretazione. I cinque attori sono cinque corpi completamente diversi che cercheranno di far risuonare al meglio il pensiero universale di Pasolini. E dovranno farlo risuonare insieme alle musiche eseguite dall’orchestra. Ci siamo assunti la forte responsabilità di fare arrivare al pubblico tutti i complessi concetti espressi da Pasolini, senza far perdere l’attenzione.
Il Pasolini della lettera aperta a Calvino appare molto diverso da quello che scriveva affettuosissime lettere ai genitori da Ortisei nel 1955. Sono due Pasolini diversi?
Nei quasi vent’anni che separano le due corrispondenze, Pasolini ha subito 33 processi di ogni genere. Dagli atti osceni in luogo pubblico, a varie accuse di vilipendio ed è persino stato arrestato con l’accusa di rapina a mano armata. Non gli hanno concesso respiro e gli hanno lasciato un senso di solitudine profonda. Questo lo ha segnato in maniera devastante e nello spettacolo lo sottolineeremo attraverso la lettura di un testo particolare relativa alla sua morte. Ma non voglio anticipare troppo.
“Stampa Sera” del 30 novembre 1961
Negli ultimi anni della sua vita Pasolini sembrava ossessionato dalla mutazione antropologica degli italiani dovuta alla società dei consumi. Un’ossessione che oggi è difficile non considerare giustificata.
Non se ne dava pace, non riusciva ad accettare che il consumismo avesse fatto scomparire la cultura arcaica e contadina degli italiani. La sua è stata un’intuizione potente che ci ha fatto saltare sulla sedia. Oggi tutti ci possiamo riconoscere in questa società consumistica, ma lui l’ha evidenziata cinquant’anni fa e non possiamo dimenticare anche i suoi discorsi fortemente critici contro la televisione dell’epoca. Quella che noi ricordiamo come un faro nel buio rispetto a quella attuale.
E’ più difficile essere d’accordo con il suo “Manifesto per un nuovo teatro”?
Sì, è più difficile stargli dietro. Quando scrive che il teatro doveva rivolgersi all’élite culturale porta avanti un’idea molto lontana dal mio teatro. Non so come reagirà il pubblico al nostro spettacolo, il regista non ha il controllo su tutto, ma, se amassi i tatuaggi potrei tatuarmi addosso un concetto: che più la materia trattata è alta, più le menti si aprono. Lo spettacolo parte da materiali così necessari da mettere lo spettatore nella migliori condizione di apertura. Di questo sono certo.
Massimiliano Boschi
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Immagine di apertura: Leo Muscato (Foto di Paolo Aquaro)