Questo è il mio nome: rifugiati sul palco a Bolzano
«Una finestra aperta su storie invisibili, un orecchio rovesciato su un canto che attraversa i mari e i deserti»: Monica Morini del Teatro dell’Orsa introduce Questo è il mio nome, lo spettacolo esito di un denso percorso artistico e umano compiuto assieme a un gruppo di richiedenti asilo e rifugiati provenienti da Senegal, Costa d’Avorio, Mali, Nigeria e Gambia. «Nella Carta del XII secolo dei cacciatori del Mali si dice: “Ogni vita è una vita, ogni vita vale”. Ecco, un canto antico viene dall’Africa e ci ricorda prima della nostra Carta dei Diritti dell’Uomo che non esistono vite di seconda categoria. I giovani che abbiamo incontrato e che calcano la scena vengono dall’Africa sub-sahariana, hanno camminato i deserti, hanno attraversato i mari, sono Odissei che cercano un’Itaca chiamata vita. Chi vuole ascoltare il loro canto può comprendere la ricchezza di un sentire che ci dice uomini di pari dignità, gonfi di desideri e slanci verso la felicità. A differenza dell’informazione, il teatro svela un patrimonio di storie che apre non solo al sapere, ma al sentire. E cambia lo sguardo».
«Non abbiamo voluto trattare le ferite come centro drammaturgico» aggiunge Bernardino Bonzani «abbiamo lasciato che la storia che li ha attraversati si srotolasse partendo dalle memorie che ci rendono uguali come uomini: i giorni felici, l’infanzia che ha tempi intatti, la relazione con padri e madri, con i saperi di cui siamo portatori. Poi questo patrimonio incandescente fa i conti con realtà che negano la sopravvivenza. Allora la vita porta allo strappo, alla fuga».
Questo è il mio nome, spettacolo impegnato da molti mesi in tour in tutta Italia che recentemente ha ricevuto il Premio del Pubblico al Festival di Resistenza, Premio Museo Cervi – Teatro per la Memoria a Gattatico (RE), sarà in scena martedì 8 novembre alle ore 21 all’Auditorium dell’ I.T.I. Galileo Galilei in Via Guncina 1 a Bolzano nell’ambito della rassegna Arte del far ridere organizzata dal Circolo La Comune.
Concludono Monica Morini e Bernardino Bonzani: «La forza e l’energia degli attori in scena ci ricordano quale enorme vitalità potenziale possono portare i nuovi cittadini del mondo. Solo attraverso l’incontro e la conoscenza si possono sfrondare pregiudizi e discriminazioni. La causa originaria del loro migrare è tutta nelle responsabilità dei Paesi ricchi, nello sfruttamento, nella povertà e nelle guerre che sono state generate. Lo spettacolo ci dice anche che l’integrazione è possibile, che la convivenza pacifica e la cooperazione per la pace sono l’unica strategia praticabile».