Ventunesimo secolo, l'età del turismo (e della sua venerazione)
Il prossimo 27 aprile, in piazza Municipio a Bolzano, inizieranno i lavori di installazione di una torre panoramica alta 80 metri che resterà aperta per sei settimane da maggio a metà giugno. L’intera operazione non peserà sulle casse pubbliche, ma questo non ha impedito che anche all’interno della Giunta Comunale emergessero forti perplessità. In molti si sono chiesti perché qualcuno dovrebbe pagare un biglietto (pare di 10 euro) per osservare dall’alto una città circondata da montagne e da tre funivie. La risposta più frequente era una sorta di alzata di spalle: «Non peserà sul bilancio pubblico e pare che ai turisti piaccia». Nell’attesa che i turisti calino sul capoluogo altoatesino ansiosi di prendere un ascensore, ci siamo chiesti da dove derivi questa intoccabile venerazione per i turisti, soggetti di una gigantesca e complessa attività economica di cui troppo spesso non ne vengono valutati adeguatamente gli effetti, positivi o negativi che siano. Come ha brillantemente sottolineato Marco d’Eramo nel suo “Il Selfie del mondo” (Feltrinelli): «Il turismo è divenuta l’industria più importante di questo secolo, è persino più importante dello sport e della pubblicità, tanto che la nostra epoca può essere seriamente definita come l’età del turismo, come si è parlato dell’età dell’acciaio e dell’età dell’imperialismo».
A sostegno di questa tesi, l’autore elenca alcuni dati: nel 2015 i ricavi del turismo internazionale ammontavano a 1522 miliardi di dollari. Nello stesso anno, il contributo del turismo al Pil europeo era del 9,4% mentre in Italia contribuiva al 10,2% del Pil nazionale (Dati Unwto, Organizzazione Mondiale del Turismo). In questo contesto, l’Alto Adige è al vertice nazionale per il Pil turistico pro capite pari a 16.312 euro l’anno, oltre il doppio di quello campano (fermo a 700 euro pro capite – dato Unioncamere Emilia Romagna). Passando ai numeri forniti da Eurostat, il dato relativo all'”intensità turistica” che si ottiene nel confronto tra il numero dei pernottamenti e quello degli abitanti è di 5 per l’intera Unione Europea, 6 per l’Italia, 29 per il Trentino e ben 55 per l’Alto Adige. Un dato che deriva dal gigantesco numero di pernottamenti registrati in provincia: 29.475.245 (dato Istat).
Ancora, nel 2017 gli arrivi in Alto Adige sono stati più di sette milioni, per l’esattezza 7.300.000, mentre la popolazione locale supera di poco i 520.000 abitanti. Sono cifre che ci servono per spiegare le dimensioni del fenomeno e quindi per spiegare perché un tema del genere non possa essere affrontato senza una strategia precisa e comunque mai con un’alzata di spalle.
D’Eramo sottolinea, per esempio, che quando il numero di turisti sopravanza quello della popolazione locale, si supera una soglia che fa sì che servizi e prestazioni siano pensati più per i turisti che per i residenti. Di conseguenza, se i turisti spendono più dei residenti, spariscono ciabattini, mercerie e ferramenta e si moltiplicano i fast food e i menu turistici. Ma il turismo, spiega, non ha effetti solo sulla proposta commerciale di una città, ma sul costo delle case e degli affitti, sui trasporti, sui comportamenti quotidiani, sull’ambiente e sull’identità stessa della città e dei suoi cittadini. Forse vale la pena ripetersi, qui non si vuole demonizzare il turismo o i turisti ma si vorrebbe mostrare come questi dati vadano adeguatamente valutati.
Un’ultima cifra serve a spiegare qual è il trend a livello internazionale: nel 1950 le prime 15 destinazioni turistiche assorbivano il 98% degli arrivi, nel 1970 era del 75%, nel 2007, grazie principalmente ai voli low cost, era ridotta al 57%. Non abbiamo un dato al 2019 ma nulla fa pensare che il trend sia cambiato. L’Alto Adige, al momento, è stato solo sfiorato dalla rivoluzione dei voli “low cost” non avendo un aeroporto sul proprio territorio, ma per comprendere come, a livello locale, si affronti un fenomeno di queste dimensioni ho bussato alla porta di Werner Zanotti, direttore di Bressanone Turismo.
La scelta non è ovviamente casuale, Zanotti ha rinnovato decisamente l’offerta turistica della capoluogo della Valle Isarco, non solo grazie agli spettacoli di luci all’interno dell’Hofburg nel periodo invernale e al “Water light festival” che sta per approdare alla sua terza edizione (dal 9 al 25 maggio 2019 ).
Zanotti ci accoglie sulla soglia della sede di “Bressanone turismo” e dopo aver presentato il programma della prossima edizione del “Festival di acqua e luci”, si mette a disposizione per un confronto che affronta in maniera aperta, anche al di là dei limiti del suo ruolo: «Qui lavoriamo per migliorare l’offerta turistica della città ma con gli anni abbiamo imparato che l’obiettivo finale deve essere quello di aumentare la qualità della vita della popolazione locale. Un obiettivo che non possiamo mai perdere di vista».
Ovviamente il residente locale beneficia in vario modo dell’impatto economico del turista, ma Zanotti e il suo team non si sono accontentati di questo: «Negli ultimi anni abbiamo sempre proposto progetti che sono stati apprezzati dai residenti e ora sappiamo che se piace a loro funzionerà in automatico, o quasi, anche per i turisti. Questo approccio è ovviamente sottoposto ad alcune critiche, perché i nostri referenti devono essere i turisti ma abbiamo compreso, per esempio, che una narrazione che parta dalle caratteristiche e dalle storie locali, soprattutto quello meno note, è apprezzata in ugual modo dai residenti e visitatori”»
Una narrazione che ha l’innegabile vantaggio di non relegare i residenti a custodi di un centro storico “surgelato” e trasformato in un museo a cielo aperto: «Il Festival di acqua e luce ha avuto un enorme successo di pubblico ed è partito dalla ricerca delle particolarità di Bressanone e abbiamo puntato sulla città d’acqua. Sorge alla confluenza di due fiumi, ospita nel solo centro storico 22 fontane e nella storia, anche recente, ha sempre dovuto fare i conti con alluvioni ed esondazioni. Una caratteristica che era sotto gli occhi di tutti ma non era valorizzata. Da qui siamo partiti per illuminare la città in maniera spettacolare e innovativa, permettendo a tutti di osservare Bressanone con occhi diversi, mettendo in dialogo modernità e tradizione». Zanotti non può dirlo e nemmeno ammetterlo, ma è un approccio decisamente differente a quello dei mercatini di Natale che, in genere, attirano un turismo mordi e fuggi, col risultato di fare affluire nelle piazze principali dell’Alto Adige migliaia di turisti impegnati in un tour de force che li spingerà a visitare più mercatini possibili in un unico week end.
«Sui mercatini il discorso è lungo e forse non siamo più abbastanza convincenti con la popolazione residente, ma in linea di massima credo che occorra sempre scegliere il prodotto giusto e gestire al meglio fenomeni di questi dimensioni».
Uno dei fenomeni che attualmente “preoccupano” maggiormente è quello relativo alle prenotazioni su Airbnb, Booking.com etc. Sempre più spesso, nelle grandi città turistiche, ma anche a Bolzano, vengono acquistati appartamenti e intere case per adibirli a camere per turisti a cui si accede sempre più spesso tramite un codice da digitare su una tastiera. «E’ un modello che è molto lontano dal nostro – precisa Zanotti – . Il nostro turismo si basa spesso su una struttura famigliare, sul contatto personale e sarebbe pericoloso perderlo, inoltre, credo che gli operatori turistici dell’Alto Adige commetterebbero un errore clamoroso nel mettersi a competere con altri territori puntando sull’abbassamento dei prezzi. Il successo che abbiamo ottenuto in questi anni è dovuto a una continua ricerca della qualità, non possiamo dimenticarlo».
Ovviamente, gli enormi cambiamenti in atto non si possono ignorare, ma si deve provare a gestirli nel migliore dei modi «Sono fenomeni mondiali su cui possiamo intervenire solo fino a un certo punto, ma sappiamo che il turista di oggi vuole portarsi a casa un’esperienza particolare e personale non si accontenta più di spostarsi tra a e b consultando una guida. Abbiamo la fortuna di vivere in un territorio pieno di bellezze naturali e siamo in grado di offrire servizi di altissimo livello, credo che occorra restare su queste coordinate».
Terminata l’intervista rientro in treno verso Bolzano tornando a sfogliare il libro di Marco d’Eramo di cui rileggo le frasi che avevo evidenziato in prima lettura: «Le città turistiche per attrarre i turisti e per esaltare la propria irripetibile unicità, si ridisegnano, si ripensano, si riprogettano tutte uguali tra loro nella lotta per sottrarsi turisti». (Torre vs ruota panoramica?) Ma chiudo con un punto di vista troppo spesso dimenticato: «Occorre fare i conti con l’idea che la maggiore fonte di reddito e di cash flow al mondo (il turismo nda) dipenda da fattori extraeconomici: il Gran Canyon, il Partenone o il Lungosenna non sono il risultato di un investimento razionale e pianificato». Le Dolomiti e Ötzi ne sono solo altri due esempi.
Massimiliano Boschi
Quasi tutto quel che di importante e “speciale” accade in Alto Adige viene letto, spiegato e persino giustificato, con quanto avvenuto nel passato. Oggi come venti o trent’anni fa. Una “lettura” che può funzionare finché si discute di proporzionale etnica o di toponomastica, ma che oggi risulta fuorviante. E’ sufficiente camminare per le periferie del capoluogo o visitare Fortezza, Salorno o il Brennero per comprenderlo. Sarà fuori moda, ma per sostenere una tesi occorrono fatti, dati e circostanze. Per questo è nato AltoAdige.doc. Ecco la terza inchiesta, la prima riguardava l’ospedale di Bolzano, la seconda ci ha raccontato come leggere il passato a volte ci porti a capire meglio fenomeni (e loro pesi) attuali. La terza puntata è stato un viaggio… in Calabria, o meglio nell’enclave calabra (ma non solo) formata dai lavoratori del BBT. Operai che fanno un lavoro massacrante, lontani da casa. Perché costruire il futuro, ancor oggi, passa spesso attraverso sudore e sacrifici. La quarta, invece, è stato un viaggio nella toponomastica: probabilmente un falso problema, ecco perché. Ma il tunnel di base del Brennero, e il mondo che ci sta accanto, ha fatto molto parlare di sé. E noi ci siamo tornati per il quinto articolo. Mentre abbiamo cambiato argomento per l’ultimo nostro approfondimento: un’intervista alla procuratrice capo del Tribunale dei Minori di Bolzano. Per capire, o meglio cercare di farlo, le vere radici di fenomeni di violenza giovanile. Nella sesta puntata abbiamo raccontato la storia di K., e delle sue peripezie.