L'Alto Adige è rosso per la Provincia ma arancione per Roma: rebus ristori per centinaia di aziende
C’è forte preoccupazione per lo scollamento, che perdura ormai da inizio novembre, tra la classificazione nazionale dell’Alto Adige in merito all’emergenza epidemiologica e le misure adottate dalla Provincia Autonoma di Bolzano sulla base di diverse valutazioni. “Senza ristori provinciali – afferma il presidente CNA Alto Adige Claudio Corrarati – molte aziende saranno costrette a gettare la spugna”.A novembre, come si ricorderà, i parrucchieri altoatesini vennero chiusi nonostante la zona rossa nazionale non lo prevedesse e non hanno ricevuto alcun ristoro. Nel periodo natalizio, analoga sorte è toccata ai centri estetici, anch’essi sprovvisti di ristori. L’istituzione di appositi contributi provinciali destinati alle attività chiuse con ordinanza provinciale, più volte annunciata e quantificata di recente in un plafond di 500 milioni di euro a sostegno di imprese, lavoratori e famiglie, non si è ancora concretizzata.
“Adesso – evidenzia Claudio Corrarati, presidente di CNA-SHV – ci troviamo in una sorta di zona rossa in tutta la provincia, tranne Merano, Lana ed altri 7 Comuni che sono in zona ultra rossa per la presenza della temuta variante sudafricana. Secondo il Ministero della Salute, invece, siamo in zona arancione, come conferma il report di ieri, 21 febbraio. Comprendiamo i timori della Provincia e l’esigenza di agire tempestivamente, ma ci chiediamo ci risarcirà le imprese chiuse con ordinanza provinciale, visto che dallo Stato presumibilmente non riceveranno nemmeno un centesimo perché risultano attività non vietate”.
Le indicazioni del Ministero della Sanità sono chiare. In zona arancione: bar, ristoranti e gastronomie possono effettuare vendita da asporto e a domicilio; i negozi sono aperti (pur se con limitazioni); le scuole materne, elementari e medie sono in presenza (dettaglio non da poco, perché agevola i lavoratori); le attività industriali e artigianali sono consentite, così come i servizi di cura alla persona. Nella zona rossa di demarcazione provinciale, invece, i bar non possono effettuare asporto, gran parte dei negozi sono chiusi, le scuole sono tutte in didattica a distanza. Nelle zone provinciali ultra rosse sono chiuse anche molte attività produttive artigianali e industriali, comprese quelle di cura alla persona, senza contare l’obbligo di test negativo per entrare o uscire da queste aree. “Questo scollamento, peraltro reiterato – conclude Corrarati – rischia di risultare fatale per numerose attività. Chiediamo urgentemente chiarezza dalla Provincia in merito ai ristori”.