Miracolo a Berlino: la scuola bilingue funziona. L'esempio della Staatliche Europa Schule

Scuola. Quello che nel Südtirol-Alto Adige è un incubo o un sogno a seconda del colore politico, a Berlino è felice realtà tra 30 anni. Parliamo della scuola bilingue, Staatliche Europa Schule-Berlin, che oggi è frequentata da più di 6.000 alunni tra primarie e superiori.  Il modello poggia sul metodo che nel nostro sistema è definito CLIL, che sta per  Content and Language Integrated Learning, la metodologia che prevede l’insegnamento di materie scolastiche  in lingua straniera.
Come dice il nome stesso, l’Europa-Schule è una scuola pubblica, che vuole essere “la risposta politica educativa a un’Europa che sta crescendo insieme, e non una scuola d’élite riservata ai figli di diplomatici o ai bambini particolarmente dotati”. La premessa è interessante, perché, per quanto banale e scontato possa sembrare, parte dal presupposto che il bilinguismo sia un privilegio e un punto di competitività per le giovani generazioni, e non una minaccia, come spesso ripetuto nel dibattito locale sudtirolese.
A Berlino gli istituti parte dell’Europa-Schule sono 22 e nove (!) le combinazioni linguistiche offerte tra tedesco e inglese, tedesco e francese, tedesco e greco, tedesco e polacco, tedesco e portoghese, tedesco e russo, tedesco e spagnolo, tedesco e turco. E naturalmente tedesco-italiano. Per capire come e se funziona in particolare il modello tedesco-italiano (spoiler: la risposta è sì, e a meraviglia) ne abbiamo parlato con Wolfgang Gerhardt, preside dell’Albert-Einstein-Gymnasium, Staatliche Europa-Schule Berlin, che accoglie 1400 studenti, di cui 400 nelle classi bilingui. Nel pieno spirito dell’Europa-Schule svolgiamo la conversazione alternando tedesco e italiano, che Gerhardt conosce alla perfezione, anche per aver diretto la scuola Germanica di Genova, per poi passare a quella di Bilbao prima di approdare a Berlino.

Dottor Gerhardt,  come è organizzato il vostro modello di scuola bilingue?

In realtà funzioniamo come una scuola tedesca all’estero (Auslandsschule) con la sola differenza che siamo in Germania: il modello prevede che metà delle materie scolastiche vengano insegnate in lingua tedesca e metà in lingua italiana. A queste si aggiunge l’inglese dalla terza classe delle elementari e in seguito, a scelta, latino o francese fino alla maturità. È un principio che portiamo avanti sistematicamente dalla scuola elementare – ne abbiamo due che cooperano con noi a Berlino.

Ma quindi niente classi separate?

La classe viene divisa in gruppi distinti esclusivamente durante le lezioni di italiano e di tedesco facendo riferimento a quella che è la lingua madre e la lingua partner, attraverso un esame iniziale. In tedesco e in italiano possiamo offrire così programmi differenziati, ad es. con più esercizi di grammatica per sostenere chi non è madrelingua o programmi più esigenti per chi lo è. Manteniamo questa divisione dalle elementari e solo fino all’ottava classe (nel sistema italiano corrisponde alla terza media, ndr). Gli altri anni di superiori gli studenti seguono le lezioni tutti insieme, perché a quel punto tutti hanno raggiunto una conoscenza della lingua che lo permette. È un sistema che applichiamo da diversi anni e funziona in maniera eccellente.

Avrete anche voi molti alunni e alunne con background migratorio, che non sono né di madrelingua italiana né tedesca…

Insieme a Londra e Parigi credo che Berlino sia una delle città più interculturali d’Europa, direi che il 90% dei giovani cresce parlando almeno due o tre lingue. Ufficialmente nella nostra scuola si parla solo tedesco o italiano, e questo vale anche nelle pause, poi offriamo una formazione linguistica (Sprachbildung) e lezioni extra per chi ha bisogno. Il nostro obiettivo è sostenere i nostri studenti e studentesse nel conoscere così bene la lingua tedesca che quando escono dalla nostra scuola sono in grado di studiare in un’università in Germania. E lo stesso vale per l’inglese e l’italiano. Grazie ad un accordo con il Ministero, il nostro diploma di maturità è pienamente riconosciuto in Italia.

I vostri allievi e allieve hanno quindi la possibilità di scegliere tra più paesi in cui proseguire gli studi all’Università, il che è un grandissimo vantaggio. Ma funziona veramente?

Si, funziona bene perché c’è una continuità che comincia fin dalla prima classe, con metà delle materie insegnate in una lingua e metà nell’altra. Molti genitori mandano i figli all’asilo bilingue, per cui per i bambini è normale confrontarsi con questo bilinguismo.

E non c’è il rischio di “perdere” la propria madre lingua?
In realtà no, e constatiamo che invece chi frequenta la scuola bilingue parla anche meglio l’inglese e impara più velocemente le altre lingue, come il francese, rispetto a chi cresce con una sola lingua.

Insomma, ci sono solo aspetti positivi?

È un modello molto buono e che ha successo, come preside vedo che si genera molta tolleranza e interesse per l’altro, senza che la propria cultura vada persa… in fondo rimaniamo un ginnasio tedesco, ci chiamiamo Albert Einstein e non Leonardo da Vinci! (ride)

Non a caso tra i vostri principi guida c’è “l’educazione interculturale, pur preservando la propria identità culturale”. Ma per applicare questo modello sono sicuramente necessarie delle condizioni base…

Per noi un principio cardine è che a insegnare siano solo native speaker anche nelle materie non di lingua, non vogliamo che qualcuno insegni con un accento, e vale anche per il sottoscritto naturalmente.

Ma seguite una didattica speciale?

La didattica generale non cambia, abbiamo un insegnamento molto partecipativo…abbiamo abbandonato da tempo il modello secondo cui un professore parla 45 minuti -e i ragazzi seguono o dormono- e poi c’è l’interrogazione. Questo tipo di insegnamento non si fa più in Germania dal primo PISA shock (indagine internazionale promossa dall’OCSE per misurare le competenze degli studenti quindicenni dei Paesi aderenti, ndr), da allora abbiamo cambiato molto. Quando siamo scioccati noi tedeschi cambiamo tutto (ride), forse abbiamo esagerato, ma per me è molto interessante, la verità sta forse nel mezzo.

Ma un modello di scuola bilingue comporta sicuramente maggiori costi rispetto ad una scuola “regolare”.

Abbiamo un po’ più di ore di lezione da mettere in conto, ma non è molto, corrisponde circa al costo di due insegnanti in più all’anno. Queste  spese vengono sostenuti dal Senato di Berlino, che crede molto nella nostra realtà.

Caterina Longo

 

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