Tre giorni, dieci appunti sul futuro dell'Alto Adige

Three days for future, il tentativo di riannodare il futuro dell’Alto Adige a quello del pianeta, appunti da una rassegna rigorosamente «fatta in casa». Da martedì 14 a giovedì 16, ideata e coordinata da Massimiliano Boschi, autore di Alto Adige Doc (1 e 2, i libri sono in vendita qui) e coordinatore della rubrica Bis su Alto Adige Innovazione, la rassegna organizzata dalla nostra testata si è snodata tra Waag Café e libreria Ubik. Il senso dell’esperimento – ben riassunto da Gabriele Di Luca su Salto.bz – sta nel tentativo di distogliere lo sguardo dallo specchietto retrovisore, unico vero punto di riferimento del dibattito locale per iniziare a guardare avanti. Almeno prima di andare a sbattere. Siccome prima di costruire un programma bisogna provare a fertilizzare, l’unica operazione che riesco a fare, da partecipante attivo alla tre giorni è quello di raccogliere spunti e appunti. A futura memoria.

  1. Un deficit di innovazione istituzionale. Francesco Palermo, professore di diritto costituzionale comparato all’Università di Verona, centra il punto: nel 50mo anniversario dello statuto di Autonomia, il «faticoso modello», per citare il suo libro sul sistema Alto Adige, arranca. Per un deficit di innovazione istituzionale e per l’incapacità di affrontare il vero problema: che è quello della governance, dell’inefficacia amministrativa. Si risolve tutto identificando un nemico – a turno Roma e Bruxelles – quando il nemico lo abbiamo in casa.
  2. L’ineluttabilità del cambiamento. In the long run we are all dead, diceva John Maynard Keynes. In Alto Adige, nel medio lungo termine, lo sarà la proporzionale etnica. Smontata pezzo a pezzo dalle esigenze della pubblica amministrazione e dal mercato, dall’immigrazione, dall’indifferenza dei giovani per questi temi. Abdallah Chniouli, 25 anni, giovane consigliere comunale di Bolzano, è il volto e la mente di un Sudtirolo che tra vent’anni aspira a diventare classe dirigente.
  3. Altro che la pandemia. Nei giorni in cui si affaccia nel dibattito pubblico il progetto di costruire le Maldive in Val Passisia, Werner Zanotti, direttore di Bressanone Turismo, è preoccupato: mentre il problema di oggi è quello di trovare forza lavoro, nessuno si premura di accompagnare il sistema turistico, costituito da migliaia di imprese familiari, verso un futuro in cui il modello attuale rischia di essere messo fuori gioco, per legge, da un giorno all’altro. Il cambiamento climatico e le nuove regole che verranno imposte dall’Unione per limitare le emissioni di Co2, metteranno fuori mercato la gran parte del nostro sistema turistico, ma nessuno lo sta avvertendo.
  4. L’insostenibile leggerezza, e l’infinito potere, della nostra agricoltura. Simile il ragionamento di Mauro Balboni, autore del libro “Il pianeta dei frigoriferi” (Scienza Express). L’agricoltura e gli allevamenti sovvenzionati nell’arco alpino sono altamente impattanti e poco efficienti. La politica non è in grado di imporre nulla alle associazioni dei contadini. Sono troppo forti. Lo choc arriverà, perché sarà inevitabile, ma non adesso. Parlava di Svizzera, ma era come se parlasse di casa nostra.
  5.  La società del controllo. Ilaria Maria Sala, collaboratrice del «The Guardian» e di «Internazionale», presentando il libro “L’Eclissi di Hong Kong Topografia di una città in tumulto” (Add) ci ha raccontato di una società del controllo che vive imponendo leggi contraddittorie con il risultato di rendere impossibile il rispetto delle regole. «Nell’Hong Kong governata dalla Cina sono in vigore due leggi: una vieta di indossare la mascherina con lo scopo di rendere riconoscibili le persone che partecipano alle manifestazioni, l’altra impone di indossarla sempre per limitare la pandemia». La legalità secondo Schrödinger nell’epoca del partito-nazione.
  6. Südtiroler AI. A proposito di digitale e intelligenza artificiale, che nella Cina del controllo rivestono un grande ruolo, interessante il ragionamento di Silvia Fabbi, giornalista ed esperta di AI sull’impatto dei trend tecnologici sulla nostra società. Così bassa è la consapevolezza degli strumenti che abbiamo a disposizione che qualcuno ha tentato di hackerare un sondaggio online di FF su Widmann votando centinaia di volte dallo stesso Ip. E pensando di non essere scoperto. Ci prendono per scemi perché sono abituati bene.
  7. Una città fondata sul maltempo. Roberto Tubaro, gestore di Waag Café, è un imprenditore culturale coraggioso. Chiede meno burocrazia, più mani libere e più concorrenza. Il peso del settore pubblico nell’arte e nella cultura in Alto Adige si sente tutto e distorce il mercato (e questa è un’osservazione mia). «Bolzano merita di più. E’ una città turistica fondata sul brutto tempo – dice Tubaro – Quando piove i turisti delle valli si riversano in città e tutto si blocca. Abbiamo le potenzialità e le energie per costruire una narrazione diversa, non essere un ripiego. Ma bisogna costruire un’offerta culturale attraente tutto l’anno».
  8. Scemo chi legge. Entrando a Bolzano, sulla recinzione del cantiere del Walther Park che sta inghiottendo la città c’è una scritta: «Building The Future». Il Walther Park è tecnicamente un mega-mall di stile americano nel centro di una città europea, l’applicazione manu militari di un modello commerciale in declino da almeno 10 anni in tutto il mondo a un contesto urbano. E spacciato per futuro. Eliminerà il degrado, dicono. Nel frattempo, nel primo tunnel della strada che collega il capoluogo a San Genesio qualcuno ha cancellato una scritta che evidentemente era troppo sovversiva e creativa: «scemo chi legge». Che dio ce la mandi buona.
  9. Ma l’alternativa c’è? In tutto questo bailamme di pars destruens fatico e si fatica a trovare una via costruttiva. «Se facciamo quattro ipotesi di scenario, ne arriverà una quinta» dice saggiamente Palermo. Rimanendo sul piano strettamente editoriale, a proposito del monopolio informativo altoatesino, da parte nostra rimane la solita stessa provocazione già espressa in un articolo su Salto.bz: ma perché non riusciamo a costruire un’alternativa unendo le forze? Troppi soldi, troppi contributi, nessuno in Alto Adige ha interesse ad affamare la bestia.
  10. Seppelliamo tutto, aspettando il futuro. Catartica l’incursione, nel corso del dibattito conclusivo sull’Alto Adige del futuro, di Marco Brinzi e Caterina Simonelli. I due teatranti interpreterando Vladimiro ed Estragone, due classici personaggi teatrali assurdi e poetici, protagonisti di Aspettando Godot, hanno tentato di convincere i presenti a seppellire i brutti pensieri. E aspettare. Mi sembra un buon auspicio. Forse il migliore possibile.

Luca Barbieri

di Luca Barbieri

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