Viaggio a Vadena, il paese in cerca di un centro di gravità permanente

Molti paesini dell’Alto Adige somigliano alla Combray di Marcel Proust. La cittadina di “Alla ricerca del tempo perduto” che “Era soltanto una chiesa che riassumeva tutta la città, la rappresentava, parlava di lei e per lei alle persone lontane e, quando ci si avvicinava teneva stretto intorno al suo ampio manto scuro, in piena campagna, contro vento, come un pastore con le sue pecore”. Sui campanili che non si limitano a segnare il paesaggio provinciale, ma lo raccontano, ci eravamo già soffermati qui, ma ci sono luoghi che non racconta nessuno perché fuori mano o privi di campanili o chiese che parlino di (e per) loro. Vadena è uno di questi, nonostante abbia due campanili, uno anche molto bello risalente al dodicesimo secolo. Oggi, la chiesa di Vadena, quella dedicata a Santa Maria Maddalena, sorge dietro al palazzo comunale al termine di una strada in salita e senza uscita.

Le butto un occhio distratto prima di entrare nella sede del Comune dove mi aspetta Alessandro Beati, sindaco di Vadena. La chiacchierata la faccio comunque partire da lì: “E’ vero – premette – ci sono paesini, soprattutto in Bassa Atesina, che vivono stretti attorno al campanile, penso per esempio a Cortina all’Adige. Vadena è molto diversa, ha mille abitanti divisi tra innumerevoli frazioni sparse su 14 Kmq. Ci sono concittadini che non solo non si conoscono, ma non si sono nemmeno mai incontrati”. Insomma, è una cittadina priva di un centro: “Il tema è sempre stato quello, ricordo articoli di giornale degli anni Sessanta in cui ci si poneva lo stesso problema. Oggi, per fortuna, la tecnologia ci è venuta in soccorso. Unire il paese è stato anche il punto principale del mio mandato, ho avviato il giornalino comunale che viene consegnato nelle case di tutti gli abitanti, un servizio sms per tutti i cittadini interessati per comunicare gli avvisi di protezione civile, la situazione della viabilità e per pubblicizzare gli eventi culturali. Ovviamente, utilizziamo con gli stessi scopi anche i social network, in particolare Facebook. Sono piccoli segnali, ma credo aiutino a creare un senso di comunità”.

 

A questo scopo, l’amministrazione guidata da Beati da quindici anni ha puntato molto sulla cultura organizzando decine di eventi anche in collaborazione con realtà importanti come “Bolzano Danza” e il “Südtirol Jazz Festival”. “Gli eventi culturali e le feste di paese svolgono un ruolo fondamentale, per questo ci siamo dotati di una tensostruttura che permette di tenere al coperto 600 persone anche in caso di condizioni climatiche avverse. Lì è stata celebrata anche l’ultima messa, il distanziamento sociale non permetteva che si tenesse in chiesa”.

A questo proposito, non si può non chiedere al sindaco come sono stati vissuti i mesi di lockdown. La dispersione dei cittadini sul territorio si è rivelata un vantaggio? “Non proprio, le ordinanze impedivano ai cittadini di uscire dal territorio comunale, ma ci sono frazioni di Vadena che gravitano su Caldaro, Ora e Laives. Cervo, per esempio, non ha nemmeno una strada diretta di collegamento con noi, per venire in Comune devono comunque passare da Laives. Per questo, non appena ricevuta l’ordinanza governativa, ho contattato le forze dell’ordine per far presente il problema, per alcuni era impensabile non poter uscire dal territorio comunale. Il problema, fortunatamente, è stato risolto con grande rapidità”.

Al di là della crisi del Covid, è innegabile che la particolare situazione di Vadena stimoli un certo interesse, cittadini sparsi sul territorio, senza un vero e proprio centro, che si muovono alla ricerca di quel che serve senza badare ai confini. Che Vadena possa configurarsi come un micro laboratorio per il futuro che verrà?  “Non so, io sto per terminare il mio terzo mandato, non posso ricandidarmi, mi avevano avvertito che questo ultimo mandato sarebbe stato il più difficile e devo ammettere che non si sbagliavano. Credo, però, di aver fatto il possibile per creare un collante tra i cittadini, il fiore all’occhiello credo sia la caserma dei vigili del fuoco. Vadena era l’unico comune dell’Alto Adige a non avere una sede dei vigili del fuoco e ora ce l’ha e si tengono anche corsi di addestramento per uomini e donne di lingua italiana e tedesca. Abbiamo anche aperto la nuova biblioteca costruita per essere il più accogliente possibile, anzi, se le va gliela faccio vedere”.

Spengo il registratore, lo infilo nello zaino e sono pronto a seguire il sindaco. Scendiamo la rampa di scale che dall’esterno del Comune porta alla biblioteca: un gatto dorme steso al sole su uno dei gradini, il sindaco lo saluta chiamandolo per nome, Nerone. Non è un aneddoto, è un segnale di quanto il sindaco conosca quel che gli sta intorno, saluta ogni persona che incontra “Qui hanno quasi tutti il mio numero di cellulare, può risultare faticoso, ma anche questo crea vicinanza”.
Entriamo in biblioteca mentre all’ingresso vengono sistemate le ultime cose, il servizio è già pienamente funzionante. Gli ambienti sono davvero accoglienti, il sindaco scambia due parole con la bibliotecaria poi andiamo verso la caserma dei vigili del fuoco. Nel farlo percorriamo una rotonda che è anche un’aiuola fiorita. “Ci tenevo molto, in fondo è quella che da l’accesso alla zona storica del paese, non potevamo non curarla con la dovuta attenzione”.

La caserma dei vigili del fuoco è ovviamente modernissima e tenuta benissimo, ma in Alto Adige sono più o meno tutte così. L’orgoglio del sindaco è comprensibile, ma a chi scrive fa più effetto tutto il resto: il suo racconto di come è stato costruito il marciapiede che porta alla frazione di Caneve o la soddisfazione che dimostra nel vedere che i giardinieri hanno ripreso i lavori al verde pubblico dopo la pausa dovuta al lockdown. Il giro di Vadena termina inevitabilmente sotto al campanile del dodicesimo secolo che sorge nella frazione di Birti. La scala di sicurezza del maso (oggi condominio) che sorge a pochi metri non lo valorizza, ma si capisce che se Beati potesse proseguire con un altro mandato, cercherebbe di valorizzarlo ulteriormente. E’ evidentemente un suo cruccio.  Nel 2011 sono stati compiuti alcuni restauri sul campanile e si è tenuta una festa celebrativa in cui è stata distribuito un volume dedicato alla chiesa a cui apparteneva, nel 2019 Sergio Camin ha scritto una leggenda che ruota attorno a quel campanile. Chi cerca un centro di gravità permanente si faccia dare il numero telefonico di Beati.

Alla fine, in un’ora abbondante di chiacchierata con lui, non ho mai sentito le parole paura e sicurezza. Quelle su cui si sta cercando di spostare la prossima campagna elettorale. A Vadena come a Bolzano, Trento, Venezia, Roma…

Massimiliano Boschi

Massimiliano Boschi

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